Se vi state grattando la testa per capire il titolo di questo articolo siamo già sulla buona strada per potervi portare al punto di vista di chi scrive.
Facciamo un passo indietro.
Lunedì 3 febbraio sono andato a vedere l’anteprima di “Birds of Prey”, il nuovo film targato DC Comics, dedicato ad una figura secondaria dei fumetti di Batman, Harley Quinn, quella pazza scatenata innamorata di Jocker, che per amore del suo uomo avrebbe fatto tutto. Una pazza che, presa dallo sconforto di essere scaricata dal fidanzato, avrebbe fatto di tutto in puro stile “Fidanzata Psicopatica”. Non proprio entusiasta di andare a vedere un film che si presentava come la solita accozzaglia di scene di sparatorie, grandi combattimenti all’arma bianca e inseguimenti esagerati, mi sono seduto nella mia poltroncina, in mezzo ad un pubblico trepidante di giovanissime fan truccate dalle MakeUp artist offerte dagli organizzatori dell’evento, ed ho aspettato che iniziasse la proiezione.
Ve lo giuro, i primi 5 minuti sono stati proprio quello che mi aspettavo.
Ora chi sta leggendo si starà chiedendo: cosa c’entrano Sanremo, Achille Lauro e San Francesco?
Me lo chiederei anche io, effettivamente. Avete troppa fretta. Esattamente come l’avevo io, nell’attesa del film che ritenevo, nella migliore delle ipotesi, una perdita di tempo.
Quindi dicevamo di Sanremo e tutto il resto.
Non ho mai apprezzato Sanremo: lo ritengo, non il tempio della musica Italiana, o forse non più dagli anni ‘80 con l’evoluzione musicale a cui il festival ha fatto fatica ad adeguarsi, ma un rito annuale, dove la musica fa da contorno ad una serie di gaffe, polemiche, riesumazioni di cantanti che non hanno più molto da dire e che sono destinati a scomparire dopo la settimana di presenza su quel palco. Un palco che, comunque, vale un 52% di share, che, in tempi di Netflix, Sky ecc, non è mica da buttare via.
Sanremo non mi piace anche per la sua durata esagerata, da televisione anni ‘60. Ma a voi che interessa, sono gusti, ognuno la sera, sul suo divano, fa quello che gli pare e poi, vuoi mettere?, uno spettacolo per famiglie, da guardare in tranquillità. E quindi brava la Rai, che investe ancora su questo spettacolo Nazional Popolare. Come ogni anno si spera che tutto vada bene. Piccola caduta di stile di Amadeus, che più che la bravura, sottolinea la bellezza delle sue co-conduttrice (o sono vallette? Forse lo capiremo alla fine della settimana), il monologo della Leotta scritto da un autore che forse avrebbe fatto bene a scrivere i testi per la pubblicità delle merendine. “Insomma, dai, va bene, cosa ti aspetti?”, “Sanremo è Sanremo”. Pronti si parte…
Scusate, siete ancora confusi, lo so. Torniamo a lunedì… vi ricordate? Ero seduto, sconfortato, sulla mia poltroncina.
Il film va avanti e, con mio grande stupore, prende una piega diversa. Harley Quinn, è, si, la pazza psicopatica che ci aspettiamo, ma è anche una donna che prende coscienza delle sue potenzialità, dei sui master e anche dell’essere un genio criminale. Piano piano che la trama (si c’è una trama, una storia, certo non è una storia originalissima, ma c’è e funziona) va avanti, la fidanzata mollata diventa la paladina delle donne sottovalutate, come lo è la poliziotta, in pieno stile anni ‘80, capace di risolvere i casi e capire chi sono i cattivi, ma fermata dalla misoginia del suo ex partner che, grazie a lei, diventa il suo capo. Sottovalutata è anche “Canary Black”, apparentemente indifesa cantante di club. Indifesa sembrerebbe anche la piccola Cassandra Cain, borseggiatrice sballottata da una famiglia all’altra, sacrificabile per gli interessi di Black Mask. Tutte donne che si riscattano. Che dire, poi, del Killer con la Balestra, sicuramente al soldo del nuovo boss locale?
La svolta è tutta qui. Riconoscere le proprie potenzialità, non farsi intimidire da una società che ti vuole “un passo indietro al tuo uomo” ( state iniziando a capire Sanremo?), e che l’obiettivo, per quanto impervio, può essere raggiunto.
Sì, mi ero sbagliato, il film funziona, ha una storia, ma ha, soprattutto, un messaggio: un messaggio che visto il pubblico, formato in buona parte da giovani donne, funziona.
Ok torniamo a Sanremo. Dopo quasi due ore di noia assoluta, con i soliti amarcord, un po’ di cantanti tolti dalla naftalina… arriva lui (okay, io sono già di parte, si sa che lo amo in maniera incondizionata), con un cappotto elegantissimo, inizia la sua performance musicale, il ritmo non è male… via il cappotto e, plasticamente, sul palco dell’Ariston ha vita uno spettacolo che è la spoliazione di San Francesco di Giotto, un omaggio a David Bowie e Renato Zero. Con la voce che mi ricorda il Vasco Sanremese, Achille Lauro si prende la scena, con buona pace per i vincitori della serata. Come Harley Quinn non è pazzo, ma un visionario, che lancia il suo messaggio e se non lo capite pazienza…“me ne frego”, perché, alla fine, non è solo l’amore ad essere “panna montata al veleno”.