Una trama apparentemente semplice: tre giovani donne alle prese con la maternità e con il dubbio se tenere il bambino, una volta nato. A scrivere è un uomo. Quando si ha capacità di ascolto e di osservazione, l’impresa si compie con successo. Lontano dagli occhi (Feltrinelli editore) è l’ultimo romanzo di Paolo Di Paolo, giovane e talentuoso scrittore romano.
Lontano dagli occhi ma non dal cuore (parafrasando un verso di una bellissima canzone di Sergio Endrigo, cantautore di successo degli anni 60/70) ha un finale che non si può certo svelare ma ci regala un’epifania sorprendente per l’essenzialità con cui è scritto ‘qualcosa’ che non è affatto semplice da dire e da confessare.
Paolo, il tuo romanzo racconta tre storie di donne che diventano madri. In un passo del libro scrivi: “L’esperienza della maternità per un uomo è l’impensabile per eccellenza”. Come è stato entrare in contatto con l’universo femminile?
E’ uno sforzo che, come scrittori, si è tenuti a fare sempre, quello di mettersi nei panni degli altri, dell’Altro. Direi anzi che fare letteratura è, essenzialmente, questo: provare a essere chi non siamo. E il paradosso è che parliamo di noi parlando di altri. In questo caso, ho fatto una scommessa più complicata. Non so se sono riuscito nell’impresa, ma mi hanno guidato idealmente grandissimi scrittori che – a detta anche di lettrici esperte e esigenti – hanno toccato verità dell’esperienza femminile (penso a Oz, a Grossman, per esempio). Ho comunque domandato molto, ascoltato, cercato di capire.
“Niente ci accomuna più dell’essere figli”. Che vuol dire essere figli e quando si smette di esserlo?
Non si smette mai di esserlo. Questa “identità” è forse la sola che possiamo davvero, e fino in fondo, condividere. Il fatto stesso di rispondere a queste domande mi è consentito per via di essere figlio, di essere appunto venuto al mondo. È una ovvietà che comunque mantiene qualcosa di sconcertante. È come se ogni successivo “ruolo”, abito, fosse uno strato aggiunto a quello di figli.
Che figlio sei stato?
Non saprei dirlo. Nel romanzo dico che non è facile essere i figli che i genitori vorrebbero. Ma non è facile nemmeno il contrario.
Quali sono i sentimenti predominanti in Luciana, Valentina e Cecilia, le tre donne protagoniste del libro?
Ho scelto tre storie in cui la trasformazione, il cambiamento determinassero sentimenti contraddittori. Forse è così sempre, quando ci accorgiamo di cambiare. Nello specifico delle tre donne protagoniste, ciascuna con la sua età e con il suo carattere, anche la trasformazione fisica dettata dalla gravidanza diventa un acceleratore di domande radicali, non tutte gradevoli.
L’Irlandese, Gaetano ed Ermes, compagni delle tre protagoniste del romanzo e speculari alle tre donne, vivono anch’essi il conflitto sulla loro possibile paternità. in cosa si assomigliano?
Nel timore di svegliarsi troppo diversi da ciò che erano prima di diventare padri.
C’è qualcosa di te in ognuno dei tre ragazzi della storia?
C’è qualcosa di me in ogni personaggio, credo. È sempre così: lavorando sulla finzione, affiorano elementi profondi che spesso nemmeno riconosciamo. Può esserci qualche mio tratto anche nei personaggi femminili, in quelli più anziani, e direi perfino nella città che fa da sfondo.
Il romanzo è ambientato negli anni 80. Perché questa scelta e cosa ci portiamo dietro di quel periodo?
Sicuramente la scelta è legata alla mia collocazione anagrafica, sono nato nel 1983. Ricostruire quel periodo mi incuriosiva per diverse ragioni: a cominciare da quella di esserne implicato senza avere ricordi diretti. Gli anni Ottanta, nella categoria giornalistica più diffusa, sono gli anni del riflusso, dell’edonismo. Non so, mi pare sia una verità parziale. E comunque volevo cogliere le ombre di quella apparente spensieratezza, di quelle speranze diventate inganni.
Paolo, si può dire che sia anche un libro sul perdono?
Mi sembra una bella chiave di lettura. Si scrive anche per pacificarsi, non solo per entrare in conflitto.
Editore: Feltrinelli Anno edizione: 2019 Pagine: 189
Paolo Di Paolo scrittore, nel 2003 entra in finale al Premio Italo Calvino per l’inedito, con i racconti “Nuovi cieli, nuove carte“. Ha pubblicato libri-intervista con scrittori italiani come Antonio Debenedetti, Raffaele La Capria e Dacia Maraini. È autore di Ogni viaggio è un romanzo. Libri, partenze, arrivi (2007), Raccontami la notte in cui sono nato (2008). Ha lavorato anche per la televisione e per il teatro: “Il respiro leggero dell’Abruzzo” (2001), scritto per Franca Valeri; “L’innocenza dei postini”, messo in scena al Napoli Teatro Festival Italia 2010. Nel 2011 pubblica Dove eravate tutti (Feltrinelli, vincitore del premio Mondello, Superpremio Vittorini e finalista al premio Zocca Giovani), nel 2012 nella collana di ebook “Zoom” Feltrinelli La miracolosa stranezza di essere vivi. Nel 2013 con Mandami tanta vita (Feltrinelli), è finalista al Premio Strega 2013. Nel 2016 pubblica con Einaudi Tempo senza scelte e con Feltrinelli Una storia quasi solo d’amore. Nel 2019 sempre per Feltrinelli esce Lontano dagli occhi.