Ieri sera Elya presentava al Goganga di Milano il suo primo disco in uscita proprio oggi.

Lo incontro per quella che sembra più una chiacchierata tra amici che un’intervista ufficiale. Elya è a suo agio di fronte ai microfoni, è sempre e comunque se stesso. Un giovane artista che ha conosciuto la notorietà grazie ai talent, ma che è rimasto coi piedi per terra e con una grande dose di umiltà.

Eccoci finalmente al Goganga di Milano per celebrare l’uscita del tuo disco…

Il Mio primo disco. Opera prima! C’é un bel casino nella mia testa, perché adesso mi espongo in tutto e per tutto attraverso racconti di esperienze di vita reale vissute negli ultimi tre anni. È un pezzettino di cuore messo a nudo. Tra l’altro la scelta è stata fatta tra quasi cinquanta brani.

Sei quindi un autore molto produttivo!

Detto così, cinquanta brani sembrano tantissimi. Però in realtà c’è molta spazzatura che quindi è stata subito accantonata. Non tutto quello che scrivo può essere sempre utilizzato.

A proposito di quello che scrivi, del tuo repertorio, ieri ero al concerto di un artista che mi piace molto, Ben Howard…

Io l’ho visto qualche mese fa al Vittoriale!

Ma dai? Anche io c’ero! E se ricordi, aveva aperto il concerto dicendo che per scelta quest’anno avrebbe portato dal vivo solo il suo ultimo album, ad eccezione di un paio di brani più vecchi fatti sul finale. È una scelta che mi sembra parlare di un artista che non si trova più a suo completo agio nella musica del suo passato e che invece vuole restare nel suo presente musicale. Tu, Elya, che rapporto hai con i tuoi brani passati?

Sai che è la domanda più bella che mi sia stata fatta? È un rapporto molto difficile, anche perché tendo ad essere molto critico nei confronti del materiale che scrivo. Anche perché viene proprio da esperienze vissute, toccate con mano. Io cerco sempre di andare avanti, di andare oltre. Quello che presento oggi è un disco, quindi ovviamente ho una gran voglia di suonarlo. Però sono sicuro che, per la velocità con cui cambio idea e l’incoerenza nei miei stessi confronti, proprio per la necessità e la curiosità di affrontare nuovi ascolti e avere nuove letture, sicuramente tra un po’ avrò bisogno di chiudere questa parentesi e ripartire. Quindi devo dire che mi ritrovo proprio con Ben Howard.

Tra poco salirai sul palco, qui al Goganga. Con che formazione ti vedremo?

Ci sarà una band, composta da ragazzi che hanno partecipato alla registrazione del mio disco. Il bassista, Giulio Bogoni; il batterista, Fabio De Angelis; il mio produttore, Roberto Visentin, alla chitarra e i sintetizzatori. E io alterneró piano e chitarra e ovviamente voce. Non vedo l’ora di essere sul palco. Proprio per poter iniziare questo percorso. Questo è un disco che inizia qualcosa, non è un punto d’arrivo. Stasera diamo il La!

Poco dopo inizia il concerto. Al primo sguardo, l’impatto visivo tra palco e dintorni inganna. Luci e colori sul fondo; disegni psichedelici; le immagini che scorrono; alcuni video; la giacca argento; le foto dei social media. Sembrano non essere altro che uno strato superficiale e sottile, che comunica in una lingua forse un po’ diversa rispetto a quella parlata dalla musica che esce dalle casse. Sotto questa superficie si riconosce invece forte e chiaro lo stesso Elya che chiacchierava disinvolto momenti prima, genuino, schietto e senza impalcature. L’energia e la convinzione sul palco parlano davvero di un artista che non vede l’ora di mettersi a nudo attraverso le proprie canzoni. E quindi non importa lo sfondo, non importano le ripartenze, non importa dove andrà il percorso che Elya inizia con l’uscita di questo disco. Importano le parole dirette e sincere, la musica ben suonata, con i giusti saliscendi e un pubblico che si lascia coinvolgere senza nessuna resistenza in un concerto che ha del liberatorio.

Il lavoro omonimo di Elya, disponibile da oggi in digitale e presto distribuito in cd, è un buon disco pop, che ha il pregio di non volersi vestire di finte sfumature indie o alternative. Sincero come chi ha scritto i brani, nei testi e nelle scelte di produzione. Pur restando all’interno di un genere definito, emerge una certa varietà di stili tra le canzoni, forse data dalla versatilità dello stesso Elya, che compone e scrive sia alla chitarra che al pianoforte. Un artista giovane, con una profonda sensibilità musicale, con un buon disco d’esordio e la voglia di mettersi continuamente in discussione senza paura di voltare pagina. Sicuramente da seguire.