Un cavallo che corre nella steppa ci dà il benvenuto in Western Stars, il film concerto codiretto da Bruce Springsteen e Thom Zimny che è stato in sala dal 2 al 4 Dicembre. 

Springsteen ci accoglie a casa sua: le riprese del concerto sono fatte in un fienile di famiglia dell’800, luogo “adatto ad accogliere un’orchestra” sia come acustica e spazi, sia per l’atmosfera da far west che caratterizza tutto il film. Tipici paesaggi da western si susseguono sullo schermo, intervallati da vecchie pellicole della vita di Bruce e dalle performance delle canzoni.  

Springsteen, vestito da cowboy, tra una canzone e l’altra, ci accompagna lungo il viaggio a bordo di una macchina (“Diciannove album, e ancora scrivo di macchine”) e ci spiega le canzoni dell’album, subito prima di vederle suonate.

Se i toni delle canzoni, dell’omonimo album uscito a marzo, si potrebbero definire più pacati del solito, le tematiche sono le stesse che hanno caratterizzato i testi di Springsteen nei 50 anni e più che fa musica. Ci continua a raccontare una faccia diversa dell’America, quella che viaggia, quella che è allo stesso tempo “solitaria e comunitaria”, quella dei vagabondi, degli stuntman. Ci racconta di uomini che sono tutto tranne che eroi, uomini che non sanno dove andare, che hanno fatto errori.

Bruce ci sta raccontando la sua storia, la sua vita da solitario, le sue fughe, i suoi viaggi senza meta. C’è un’autenticità nelle sue parole che fa sentire lo spettatore onorato di entrare a far parte dell’intimità di quel fienile. 

Ma il viaggio di Bruce non è un’introspezione malinconica, ad un certo punto cambia, senza che ci se ne accorga, come a voler dimostrare che le cose si sistemano da sole, e inizia a raccontarci la forza e l’importanza dell’amore. Del suo matrimonio con Patti Scialfa, che lo affianca sul palco, e di come stia cercando di far convivere la sua indole solitaria e il nuovo uomo che si è scoperto. Il tutto lo riesce a rendere reale, non c’è banalità nelle sue parole, nessuna promessa di lieto fine, ma ci presenta l’amore come una benedizione e una fortuna che è impossibile ignorare, e per cui vale la pena lottare ogni giorno.

Come il cavallo della prima scena corre libero nel paesaggio fino a ricongiungersi con la mandria così Bruce ci saluta, augurando buon viaggio a tutti noi “pellegrini”, con l’inquadratura di un’altra mano che si unisce alla sua sul volante.